Aveva il cuore crepato e i brividi le percorrevano la schiena: l’inverno arrivò, senza alcun ritardo, in lei.

La pioggia batteva imperterrita sull’asfalto ormai bagnato, mentre la luce dei lampioni rifletteva prepotentemente nelle pozzanghere sudice; pioggia di un autunno ritardatario. Un autunno troppo caldo, ma non abbastanza per scaldare il suo cuore.
Lei era sul letto, incredula e pensierosa. Ripensava al suo ultimo abbraccio, alle sue ultime parole. Parole amare, vuote. Parole che divoravano, in grado di corrodere l’anima.
Ripensò a tutti i momenti bellissimi che avevano passato insieme, ripensò ai suoi occhi freddi, ma tremendamente belli. Aveva bisogno di lui e durante la notte cercava disperatamente le sue braccia, il suo corpo.
Avrebbe voluto fare di più, avrebbe voluto baciarlo ancora una volta; avrebbe voluto rassicurarlo e percepire tutti i suoi timori, ma non poteva, sapeva che il loro amore, così brutale, era legato inevitabilmente ai tantissimi ricordi, a baci mai dati, a parole mai dette. Diventò più fredda e distante. Diffidente.
Non riusciva più a guardare negli occhi le persone, perché in qualsiasi occhio lei guardasse, trovava sempre i suoi.
Era cambiata: non riusciva più a stupirsi, non riusciva più a guardare il sole sorgere, o la pioggia cadere. Era fredda, dentro. Gelida.
Tutto quello che lei amava ed era, non esisteva più.
Aveva il cuore crepato e i brividi le percorrevano la schiena: l’inverno arrivò, senza alcun ritardo, in lei.

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